Palestra pellerossa

La prima volta in palestra non si scorda mai.

Andai per forza. Iscrizione coatta a seguito di un infortunio e della successiva fisioterapia.


Con l'ortopedico che mi dice che, se mi pompo per bene, non è necessario fare alcun intervento.
Io accetto volentieri, ben felice di evitare l'operazione e, nello stesso tempo, di ritrovarmi un fisichino da uomo ragno per l'estate imminente.
Ma erano solo chiacchiere, ahimè.
Una vera voglia di ammazzarsi sugli attrezzi, ve lo dico, non c'è mai stata. Anzi, a dirla tutta, l'idea della forzatura non aiutava affatto.

Il primo giorno vado a iscrivermi. Mi arriva una gnocchetta in tuta, bella sorridente, che non vede l'ora di portare a casa un nuovo abbonamento. Le dico, un pochino anche barando, bada bene, non lo faccio per vanità, ma per esigenza. Pensavo che questo la rattristasse e invece no. Ma certo, sai quanti come te? Mica sono tutti culturisti! Dai, una firmetta qui e hai la tessera.
Però temporeggio, forse distratto da un paio di barellieri della sos che portano fuori uno con un braccio rotto. Aspetto, chiedo prezzi qua e là e cerco scuse. Ma di scuse non ce ne sono. Punto.
So bene che devo farlo e, a quanto pare, sembra che lo sappia anche la tipa, che inizia pure a lesinare sulle offerte.

Così non va. Se il buon giorno si vede dal mattino, la mia riabilitazione sarà lenta e dolorosa.
Alla fine, sommersi da decine di opuscoli spiegazzati, troviamo la soluzione adatta a me e, quindi, mi tocca pagare. Una bella sommetta, non c'è che dire, se consideriamo il fatto che uno poi va a spaccarsi il culo. La tentazione di attaccare un generatore ad ogni macchina che si usa è forte, gente. Per lo meno per abbattere i costi di iscrizione. Produrre energia da rivendere all'enel, niente di impossibile, mi pare. E ha anche un che di biblico, sotto una certa ottica. Accendere la luce, vedere la tv e andare in internet con il sudore della mia fronte. Ce l'avevano detto, in fondo.

Comunque sia faccio 'sta firma. 'Sta serie di firme, anzi, che manco una risoluzione dell'ONU. Presento il certificato medico che dice che sto bene, così da potermi sbattere per stare ancora meglio. Mi piglio il lucchettino dell'armadietto e il pass di plastica.
Direi che sono pronto.

"Ma posso già entrare? Io avrei la roba dietro."
"Certo. Un attimo che ti attivo la tessera e poi vai."
"Grazie."
"Di nulla."

La tipa intutata va di là, armeggia e torna raggiante. Mi consegna il pass, mi dice buona giornata e se ne va in caccia di un altro mingherlino bisognoso.

A quel punto decido di provare. Vado negli spogliatoi, mi sistemo ed entro.
Non faccio in tempo a varcare la soglia della sala attrezzi che Magua mi ferma.

Una faccia così, però rasato:


Lo chiamo Magua, perché è identico a quello de L'ultimo dei Mohicani, ma si chiama Roberto e fa il personal trainer. Sembra che ne sappia parecchio, sia di muscoli che della caccia al bisonte.
Mi spiega che l'arte di allenare il corpo non è una cosa immediata e che dovrò sacrificarci molto tempo. Gli dico ok, va bene, ma mi immagino la sua moto con una decina di scalpi appesi alla sella.

Poi gli spiego il mio problema e lui capisce al volo. Mi dà una sbarra di balsa, il legno più leggero del mondo, e mi spiega come usarla. Devo alza le braccia, impugnando il bastone per tenerle parallele.

"Così trenta volte, poi torno quando hai finito."
"Ok, grazie."

Sono davanti allo specchio a parete della palestra. E quello che vedo mi fa riflettere.
Ci sono io, con il mio stelo di balsa e vado su e giù. Accanto a me c'è una tipa che pare un'amazzone. Impugna un manubrio con attaccate due F.I.A.T. Punto e sembra non accorgersene. Alla mia destra un T-Rex sta piegando lampioni. Ogni volta che mi passa dietro sento la sua fiatella pungente, da carnivoro. Poi ci sono due ragazzoni che ne allenano un terzo. Il terzo grida ogni volta che finisce un movimento, ma la cosa che non mi spiego e che gridano anche gli altri due che, in realtà, stanno solo a guardare.

Cerco di concentrarmi su di me, che tanto sono troppo piccolo per fare parte della catena alimentare di quel luogo. Al massimo posso calpestarmi, ma basta spostarsi, no?

Magua torna da me, e mi dice di andare avanti. Mi dice anche che il suo servizio mi costerebbe una fortuna e che forse farei meglio a preparare una scheda da seguire autonomamente.
Gli dico che va bene, che altro? Solo che non ho la minima idea di come fare. Niente paura, la fa Magua, per soli cinquanta euro. Per un attimo penso di provare a convincerlo scambiando un po' di fuoco liquido.

Quello va a scliccacchiare sul computer e poi torna con una paginetta.

Tempo totale: 2h

Corsacorsacorsa

Esercizieserciziesercizi

Corsacorsacorsa

Esercizieserciziesercizi

Corsacorsacorsa

Provo a spiegargli che due ore sono troppe, che non le ho.
Ma quella è la scheda, è come se fosse il totem del dio.
Primo, non va messa in dubbio, secondo, non ci sono alternative. Quindi, piccolo viso pallido, muovi il culo e non tornare se non hai finito. O assaggerai il coltello di Magua.
Va beh, dai ho colorito un po' la conversazione, ma vi garantisco che il senso era quello. (n.d.r.)

Per farla breve, il giorno dopo ero scassato del tutto e pieno di pensieracci sulle mie prestazioni future e incontri annessi, con i nativi americani.

Come dicevo, se il buongiorno si vede dal mattino, la mia riabilitazione sarà lenta e dolorosa, come è stata lenta e dolorosa la strada per il selvaggio west.
Mi procurerò una colt, un cavallo e, magari, qualche gingillo per gli indigeni.
Sai mai che mi accettino nella loro tribù...

Speriamo almeno che mi diano un nome figo.



Se ti è piaciuto, non tenertelo per te -----> Condividilo

1 commento:

  1. Forza diavoletto che tra tutti quegli ergumeni ci sono anche io...potrei passare a darti qualche bacino di incoraggiamento..
    :-)

    RispondiElimina