Un attimo di distrazione

Cioè, raga, davvero. Chiedo scusa per il buco di lunedì. E' stato un weekend di fuoco, e l'ho pagato. Oggi vedo di rimediare.


Il conte, il Fra, avete presente? L'autore delle foto di Jeff mi ha miracolosamente scovato un biglietto per Roger Waters, al forum di Assago. Per riuscire a vedere bene il muro che viene giù, siamo andati davanti ai cancelli alle tre. Ne è valsa la pena, ovviamente, ma non c'è stato verso di buttare giù due righe. Così anche domenica, per un pranzo di compleanno praticamente eterno.

Nel fine settimana non ho avuto tempo di scrivere come si deve. Adesso sono qui che sbattacchio sulla tastiera, ma non mi pare che vada meglio. Non so, forse sarà l'ora tarda o i pensieri pigri di oggi che non se ne vanno via.
Chissà perché, ma mi riesce meglio scrivere con la testa vuota. Forse perché posso raccogliere più parole, chi lo sa? Vasco diceva che le canzoni e i testi nascono per i fatti loro, e io un po' gli credo. Mi immagino una grossa pentola di pop corn che saltano. Ogni tanto un pensiero, un concetto cade fuori dal bordo e lì bisogna essere bravi a prenderlo al volo. Sennò poi va in terra e chi lo mangia più?
Mi capita così. Piglio e scrivo e basta una piccola idea che, come un seme, fa fiorire una storia.
Allora, quando non so che cosa fare, come adesso, scrivo e basta e il testo va avanti per conto suo. Mi sa che è lui che si scrive da solo, mica io. Io muovo solo le dita al momento giusto, una coincidenza.
E' un po' come suonare.
Da quando ho la chitarra, non ho mai suonato qualcosa in particolare, a meno che non fosse stabilito prima.
Se mi trovo in camera mia e decido per una strimpellata, non mi metto a suonare un pezzo, lascio che le dita facciano il gioco che preferiscono, così si divertono di più.
Per carità, se poi, per caso, salta fuori qualcosa di carino, allora me lo imparo e me lo segno. Ma la maggior parte delle volte faccio solo da tramite e lascio decidere alla chitarra.

Il braccialetto del senegalese ha funzionato. Lui me l'aveva detto, in fondo:

"Quando il braccialetto si romperà, farà il suo lavoro."
"Che lavoro?" Chiedo io.
"Dipende da braccialetto."
"E questo che fa?"
"Ricchezza. Denaro. E poi è bello."

Vada per la ricchezza, dai. Intanto mi tieni d'occhio la macchina.
A distanza di un anno e mezzo di polvere e sole, il braccialetto si è rotto. E manco me ne sono accorto subito.
E' successo domenica notte. E lunedì mi pagano arretrati, vendo la vespa, mi arriva una ripetizione succosa. Per farla breve, un mucchio di soldi in pochissimo tempo. Mai successo. E, temo, mai succederà più.
Perciò mi piace pensare che il braccialetto abbia funzionato. Non è meglio? Per lo meno per chi me lo ha venduto. Mi suona molto come una rivincita verso questa società ricca, pilotata da persone avide che ti umiliano e ti considerano inutili, solo perché vendi accendini e collanine al parcheggio della coop.
Un po' di magia, che non la puoi battere con un assegno circolare. Mi piace da matti.
Provate anche voi. Comprate un bracciale e fatevi spiegare come funziona. Poi dimenticatevi di chi ve lo ha venduto. Dimenticatevi di averlo. Vivete la vostra vita e, soprattutto, non accorgetevi di perderlo, quando si romperà.
L'anonimato di chi è troppo piccolo per essere macinato dal nostro potere è la vera fonte di questa magia.
E, mentre sarete ancora lì che cercherete di ricordare chi e quando e come ha fatto, lui riderà e intreccerà altri colori da mettere al polso, da dimenticare e da perdere in silenzio, cogliendo quell'attimo in cui il destino è distratto.



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