Achtung: il testo
seguente potrebbe contenere tracce di invidia.
Una progenie di piccoli
demoni si aggira per l'Europa. Non si distinguono per luoghi di
aggregazione né per professione, che comunque molti di loro non
hanno nemmeno ancora intrapreso; si mescolano con nonchalance alla
gente comune che ignara condivide con loro momenti di vita ordinaria,
senza nemmeno accorgersi della loro abissale distanza da una
qualunque condizione di normalità che pure si ostinano a ostentare.
Ma per accidente, gusto o misteriosa vocazione, questi diabolici
poltergeist amano passare le loro esistenze in una sorta di
perenne Tour d'Europe, pertanto è più facile incontrarne su
mezzi di trasporto o stazioni di qualche genere, bus, treni, navi...
io personalmente li trovo spesso in aeroporto. Hanno l'aspetto di
teneri bimbi, magari in fila coi loro genitori a un check-in o
in attesa d'imbarco. Quelli più innocui passano gran parte del loro
tempo a succhiare dal biberon. Gli
altri, più cresciuti, giocano o si lamentano con la loro
mamma, poi si rivolgono al papà in un'altra lingua.
Beninteso,
non parlo di quel goffo e grottesco accrocchio di quattro parole e
regole che ci ficcavano in testa alle medie; nemmeno della capacità
di capire ed esprimersi e comunicare in un'altra lingua (dopo anni di
tentativi!), che però più che nascondere quella originale come uno
dei travestimenti di Sherlock Holmes, la tradiscono come un costume
da Pulcinella. Parlo di una seconda madrelingua (o padrelingua?),
talmente indistinguibile dalla prima per naturalezza e correttezza
che l'assegnazione di una qualsiasi gerarchia risulta puramente
arbitraria; parlo di bilingui.
Un'élite di
scriccioli oggetto di un'immeritata grazia: ad esempio quella di
avere padre inglese e madre italiana, o viceversa, o di qualche altra
bizzarra scelta parentale che li porta a parlare due lingue tout
court, senza nemmeno accorgersi
di passare da una all'altra con la stessa semplicità con cui
camminando si mette un piede dietro l'altro. Anzi, per alcuni (quelli
ancora in passeggino) con una semplicità maggiore. Un background
notevole, non c'è che dire. Mi
fermo ad ascoltarli: sbagliassero un congiuntivo, pronunciassero male
un gn o un gl, facessero un maccheronismo, un phrasal verb
scorretto... niente! Sono alieni, vi dico!
Io ne conosco uno di madre italiana e padre francese, cresciuto ad Amburgo. Inutile dire che a scuola studia inglese. E se per scherzare cambi lingua a metà frase lui switcha sulla nuova e neanche se ne accorge. Lo stronzo.
RispondiEliminaAl primo punto del galateo del plurilinguismo dovrebbe esserci la simulazione di fatica. Così, per provare a sentirsi ancora biologicamente affini.
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