Come ci
sono finita qua? Ah, lo so bene. Quelle otto bocche. Quelle otto
bocche urlanti. Quelle otto affamate bocche urlanti. Mi sembra di
aver sbagliato tutto. Di essermi interessata alla parte sbagliata del
mondo. Per di più tutta sicura non avessi bisogno di sapere altro.
Invece ormai da un bel po' mi sembra di non sapere nulla di utile e
quindi, in definitiva, di non sapere nulla. Nulla che metta insieme
abbastanza da mangiare per tutti. Forse avrei dovuto pensarci prima,
ma non sono certo cose che si programmano. Poi ad un certo punto
rimani sola, con loro. Non ho rancore, solo nostalgia di quando
cercavo la novità con entusiasmo, e un poco me ne bastava. Ora non è
più la novità, qual essa sia, che cerco, ma qualcosa che ci
impedisca di morire. Non trovandone mai a sufficienza per tutti mi
trasferisco da un luogo all'altro con l'ansia di scadenze sempre più
frequenti e sullo sfondo quel persistente male del doversi lasciare
indietro tutti quei dettagli sconosciuti ciascuno dei quali un tempo
avrebbe potuto tenermi felice a lungo. Anzi, ormai conviene trattarla
con sdegno, la novità: per la sua avarizia, per la sua imprevedibile
capacità di essere, in definitiva, irrilevante.
Devo
riconoscere però che questo è il posto più strano in cui mi sia
mai trovata. Pieno di quelle persone che non capisco, che non ho modo
di capire; quelle poche volte in cui pure mi capita di cogliere
l'intenzione di qualcuno di loro, non so come reagire, di sicuro non
potrei dire alcunché, e poi, per fortuna, il più delle volte non si
rivolgono a me. Non so proprio come facciano a sentirsi felici
vivendo qui. Tutti ammassati in quegli scatoloni lisci, il resto
dello spazio levigato e sporco. L'aria è intasata da odori forti,
indecifrabili e nauseabondi. Meno male che perlomeno stasera c'è un
po' di vento. Che abbiano freddo? Ecco perché ce ne sono così pochi
in giro. Freddolosi, paurosi, mi chiedo come facciano a sopravvivere.
Per esempio, se non avessero messo in giro tutte queste luci, forse
si riuscirebbe anche a cacciare. Ma figurati, con tutti questi piatti
spiazzi vuoti. Non ci dovevo venire qua.
Ecco,
quello m'ha vista. Si ferma. Che vuole fare? Si avvicina. Tieni la
distanza. Ancora. Cosa vuoi? Non osare! Che fai? Parli? Dovresti
essere quello intelligente, e non sai che non posso capirti? O che
non ho niente che ti possa dire? No, non fare altri passi. No, non
posso restare. Non avrebbe senso. Volpi addomesticate? Forse in
qualcuno dei tuoi libri. Io me ne vado.
Che
freddo. Il vento è forte, continua a cambiare direzione, scompagina
e confonde la difesa offerta dal mio cappotto, pur di qualità, e si
insinua in ogni spiraglio e fenditura, facendomi rabbrividire e
imprecare, nella speranza di distrarmi dal contare ogni passo e
arrivare così, come di sorpresa, a casa. Ma quale casa. Quello è
uno squallido appartamento in una terra straniera in cui ho avuto la
malaugurata idea di trasferirmi. Non che avessi alternative,
naturalmente. Quindi continuo a camminare.
Passo
davanti al Thirsty Scholar, dove un undergrad dall'alito pesante mi
saluta con entusiasmo alcolico. Poi c'è Popolino's, da cui esce un
intenso odore di kebab, che a quest'ora della notte non esercita
nessunissima attrattiva, a meno di non aver un impellente desiderio
di cibo, qualsiasi cibo. Sento il cloro prima ancora di fiancheggiare
la piscina, e ce l'ho ancora nelle narici dopo averla superata.
Senza pensarci volto lo
sguardo e vedo due piccole e deboli luci giallo-verdi che ondeggiano
a mezz'aria a una decina di metri di distanza. So di non aver bevuto
così tanto. Mi fermo e molto cautamente mi avvicino a vedere di che
si tratta. Ah, c'è qualcosa dietro a quelle luci. È una volpe? Mi
guarda in faccia, il riflesso scompare. Bè, ciao. Anche te un po'
fuori strada, nè? No, non scappare, guarda: mi fermo. Immagino che
neanche tu ti stia dando al turismo. Tutto sommato devi essere più
in difficoltà di me per spingerti fin qua. Ho capito, vuoi mantenere
la distanza, mi sembra giusto. A te questo posto deve sembrare ancora
più strano. Magari potremmo scambiarci qualche idea, raccontarci
qualche aneddoto... se n'è andata. Una volpe a Manchester, questa è
da raccontare! Riprendo la strada verso la tana, lo stesso freddo,
ripenso all'incontro con uno stentato sorriso. Ci sono così tanti
modi di non essere soli.
La
miniSeria "Viaggi di solo ritorno" finisce qua. Per
ricominciare dall'inizio vai qui.